Burning Mouth Syndrome
La burning mouth syndrome: un’enigma in odontoiatria
La burning mouth sindrome (BMS; SINDROME DELLA BOCCA CHE BRUCIA) è una patologia cronica ad eziologia sconosciuta fortemente invalidante per le persone che ne sono affette, in notevole espansione nella società moderna.
Tale definizione evidenzia il sintomo prevalente della malattia: il bruciore.
Il termine BMS è stato utilizzato nella pratica clinica con diversi sinonimi: stomatodinia, disestesia orale,glossodinia, glossopirosi e stomatopirosi. L’associazione internazionale dello studio del dolore e la società internazionale per lo studio delle cefalee definiscono la BMS , come un’entità nosologicamente distinta che comprende tutte le forme di bruciore del cavo orale, inclusi i disturbi che hanno come sintomo sensazioni di puntura o di dolore perduranti da più di 4-6 mesi, in presenza di una mucosa orale clinicamente sana ed in assenza di alterazioni patologiche locali o sistemiche.
Molte patologie sia locali che sistemiche possono localizzarsi alla mucosa orale causando una sensazione di bruciore ma la ‘true’ burning mouth syndrome idiopatica è definita come un bruciore localizzato alla lingua e/o alle altre mucose in assenza di anormalità cliniche e di laboratorio.
Si perviene alla diagnosi di BMS dopo aver escluso tutte le patologie sia locali che sistemiche che possono essere potenziali causa di bruciore orale.
Le patologie sistemiche da investigare ed escludere sono essenzialmente: il diabete, l’anemia, le patologie cerebro-vascolari (infarti ed emorragie), la sclerosi multipla, deficit nutrizionali, alterazioni ormonali associate alla menopausa, il cancro del polmone non metastatico, le metastasi.
Riguardo le patologie locali bisogna escludere le malattie di origine dentaria e parodontale, i disordini temporomandibolari, le patologie delle ghiandole salivari ( inclusa l’iposcialia ), le sinusiti, la candidosi, le patologie della mucosa orale (il lichen planus orale, la stomatite aftosa), reazioni di ipersensibilità verso materiali presenti nel cavo orale, la nevralgia post-erpetica, la nevralgia trigeminale tipica ed atipica (Mignogna et al., 2005).
Le nevralgie facciali atipiche sono sicuramente le forme di dolore facciale con caratteristiche più simili alla BMS e pertanto entrano frequentemente in diagnosi differenziale con essa.
Il dolore della burning mouth syndrome è di tipo cronico, di solito tra il moderato e l’intenso, spontaneo, continuo, diffuso all’intero cavo orale o limitato alla lingua e/o alle labbra spesso associato ad insonnia, cancerofobia, cambiamenti comportamentali quali irritabilità, ansia e depressione con conseguente crollo delle normali relazioni sociali ed affettive del paziente (Scala et al.,2003; Pedersen et al.,2000).
Nelle nevralgie facciali atipiche, invece, il dolore tende ad essere localizzato, anche se non segue precisamente il territorio di innervazione competente (esempio:dolore localizzato all’arcata mascellare e mandibolare di destra), inoltre, pur essendoci compartecipazione emotiva, il paziente si presenta più lucido ed in grado di descrivere precisamente i sintomi, cosa che raramente avviene nelle BMS.
Frequentemente i pazienti riferiscono in associazione al bruciore orale, bruciore in sede genitale (vulvodinia), anale (anodinia), disturbi gastrointestinali, alterazioni del gusto(sapore metallico, salato) faringodinia, odinofagia, oltre a sintomi corporei diffusi difficilmente inquadrabili.
Diverse sono le ipotesi sull’eziopatogenesi della malattia , alcuni ricercatori ritengono la BMS un disturbo di somatizzazione (Eli et al.,1984; Bergdahl e Bergdahl,1999; Gorsky et al.,1991; Trikkas et al.,1996; Macfarlane et al.,2002 ) altri la ritengono correlata più al dolore neuropatico che alle sindromi psicosomatiche (Jaaskelainen et al.,1997; Forssell et al., 2002; Hagelberg 2003; Lauria,2005).
La burning mouth syndrome è stata indagata con l’ausilio delle attuali conoscenze in campo psicologico in molteplici studi, attraverso cui si è cercato di delineare la personalità dei soggetti affetti. Fattori psicologici quali l’ansia, le fobie, la depressione svolgono un ruolo significativo nell’innescare la BMS.
In particolare si è evidenziato uno stretto collegamento con la depressione; come se queste due patologie fossero in equilibrio precario su una bilancia, quando una prevale sull’altra peggiorano gli aspetti dell’una e migliorano quelli dell’altra.
Tuttavia non si è riuscito a comprendere se il dolore cronico, in questi casi, è la causa o l’effetto del disagio psicologico. Il bruciore compare di solito dopo un evento particolarmente stressante, per cui la storia psico-sociale, insieme ai dati clinici è cruciale ai fini della diagnosi .
Spesso l’evento stressante riferito dal paziente è un’intervento odontoiatrico traumatico o non gradito dal paziente, ciò probabilmente spiegherebbe la sede di localizzazione del fastidio.
E’ indicato il ricorso all’ausilio di uno psicologo qualora si sospetti la presenza di problemi psicologici, uno stato di ansia o di depressione ( Hakeberg et al.,2003).
Come è ormai riconosciuta una base organica ed una predisposizione individuale alla depressione così anche nella BMS si evidenziano disturbi a carico sia del sistema nervoso centrale che periferico.
Infatti diversi autori hanno evidenziato una alterata eccitabilità del pathway nocicettivo trigeminale a livello del sistema nervoso centrale e periferico
(Forssell et al.,2002;Gao et al.,2000;Hagelberg et al., 2003).
Recentemente Lauria et al.(2005) hanno dimostrato che i pazienti con BMS presentavano una neuropatia sensoriale a piccole fibre del trigemino, localizzata ai due terzi anteriori della lingua, caratterizzata da una perdita significativa di fibre nervose epiteliali e sub-papillari.
In questo studio, diversi campioni bioptici di tessuto linguale sono stati analizzati con tecniche immunoistochimiche, al fine di evidenziare alterazioni patologiche a carico dei markers della mielina, delle cellule di Schwann, del citoscheletro, del citoplasma ed è stata quantificata anche la densità delle fibre nervose dell’epitelio.
Nei pazienti affetti da BMS le fibre nervose della mucosa presentavano una densità più bassa ed alterazioni morfologiche diffuse con degenerazione assonale delle stesse. Le stesse fibre nervose di piccolo calibro, inoltre, esprimevano una concentrazione maggiore del recettore TRPV1 , recettore per la capsaicina, e del suo regolatore l’NGF (nerve growth factor) (Yilmaz et al.,2007 ) deputati alla ricezione di stimoli irritanti di origine vegetale quali: mentolo, aglio, cannella, peperoncino.
La diminuzione delle fibre nervose, pertanto, determinerebbe una sovrespressione dei recettori TRPV1, la cui stimolazione è alla base della sensazione di bruciore. A livello del SNC, inoltre, si è evidenziato che l’azione inibitoria della dopamina sulla trasmissione del dolore a livello del putamen è mediata dai recettori D2 mentre i recettori D1 non sono coinvolti ( Michael-Titus et al.,1990; Magnusson e Fisher,2000; Hagelberg et al.,2002). ). Ricerche effettuate con la PET hanno evidenziato un diminuito rapporto dei recettori D1/D2, indice della diminuzione dei livelli di dopamina endogena nel putamen dei pazienti con BMS ( Hagelberg et al.,2003 ).
Inoltre patologie che coinvolgono il sistema dopaminergico nigrostriatale come la malattia di Parkinson possono presentare un dolore di origine centrale (Koller,1984; Schott, 1985; Ford et al.,1996) molto simile a quello presente nei pazienti affetti da BMS.
Tale ipoattività del sistema dopaminergico nigrostriatale sembra essere presente anche nei pazienti affetti da BMS e potrebbe spiegare l’alterata modulazione del dolore in questi pazienti( Jaaskelainen et al.,2001 ).
Altre ricerche dell’Università del Kentucky, condotte con l’ausilio della risonanza magnetica funzionale ( fMRI ), hanno evidenziato nei pazienti con BMS un pattern di attivazione cerebrale caratteristico sia qualitativamente che quantitativamente, con una netta ipoattività cerebrale. I risultati ottenuti indicano che i pazienti con BMS hanno subito un danneggiamento nella dinamica del network cerebrale, dando luogo ad una diminuzione del controllo inibitorio sulle afferenze sensoriali, di conseguenza la propriocezione orale è avvertita come bruciore. E’stata infatti riscontrata una diminuita funzionalità del pathway inibitorio discendente adrenergico e serotoninergico, che può essere causa, o contribuire, alla genesi del dolore cronico. E’probabile che un talamo ipofunzionante giochi un ruolo cruciale nella diminuzione del controllo inibitorio, ciò si verifica anche in altre condizioni di dolore neuropatico oltre che nella BMS ( Albuquerque et al.,2006 ).
Alla luce di ciò è possibile fornire anche una spiegazione dell’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale risultata una ottima terapia per il trattamento della BMS ( Bonfils et al.,2005 ) e delle terapie a base di serotonina, noradrenalina e inibitori del re-uptake della serotonina.
TERAPIA
La terapia della BMS risulta essere estremamente complessa perché complesso è l’approccio verso questi pazienti. Infatti già il corretto inquadramento della patologia da parte del clinico, le opportune delucidazioni fornite al paziente circa la stessa, l’empatia dello specialista contribuiscono da soli al miglioramento della sintomatologia.
Diversi farmaci sono stati studiati e somministrati per la BMS:
benzodiazepine,
antidepressivi triciclici,
gabapentina
inibitori selettivi del re-uptake della serotonina (sSSRI ),
amilsulpiride,
capsaicina topica,
acido α lipoico
Alcuni studi hanno poi valutato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale ( Zakrzewska,1995; Scala et al.,2003; Zakrzewska et al.,2003 ).
I risultati ottenuti sono stati variabili, non predicibili, per cui la terapia spesso non ha successo, e risulta non efficace (Scala et al.,2003; Zakrzewska, 1995).
La remissione spontanea si verifica in meno del 5% dei pazienti. Recentemente uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, ha evidenziato l’efficacia del clonazepam somministrato per via topica in due terzi dei pazienti trattati ( Gremeau-Richard et al.,2004 ) confermando i risultati di due studi precedenti (Woda et al.,1998; Grushka et al.,1998 ).
Il clonazepam topico produce effetti locali positivi e la quota che passa in circolo non dà luogo ad effetti indesiderati in altre sedi; pertanto i pazienti riferiscono un sollievo dal dolore localizzato alle mucose in assenza di effetti collaterali
Tale farmaco, essendo una benzodiazepina, esplica un’ attività centrale interagendo con il recettore del GABAA, ampiamente diffuso nel SNC, verso il quale presenta un’elevata affinità ( Drugan and Holmes,1991 ).
L’ azione del clonazepam topico a livello periferico è di tipo miorilassante, è dovuta probabilmente ad interazioni della benzodiazepina con recettori localizzati a livello delle fibre nervose o delle fibre muscolari, ancora poco conosciuti. Inoltre il clonazepam applicato per via topica, in qualità di farmaco anticonvulsivante, agisce come stabilizzatore di membrana regolando la permeabilità dei canali del sodio.
Tuttavia, così come molti farmaci antidepressivi, anche il clonazepam presenta numerosi altri effetti, ancora poco conosciuti, che modulano le afferenze del dolore migliorando la sintomatologia di questi pazienti. PRATICA CLINICA
Conoscere la patologia, i sintomi, e l’esordio della BMS spesso non aiuta nella diagnosi di questa malattia, considerata dal Nostro Dipartimento una delle più difficili da trattare.
Sembra strano, dal momento che ci occupiamo di patologie precancerose, di tumori e di patologie auto-immuni gravi tra cui il pemfigo volgare.
La principale difficoltà probabilmente risiede nel ritardo diagnostico, spesso la maggior parte dei pazienti vaga per più di un anno tra vari specialisti alla ricerca della causa di questo bruciore/dolore che ha reso impossibile qualsiasi attività quotidiana.
Tale ritardo, e la ricerca incontrollata verso qualsiasi patologia organica che prevede una cura da parte del paziente rende già estremamente difficile l’approccio iniziale da parte del clinico, inoltre la formulazione della diagnosi di burning mouth sindrome si accompagna spesso a sconforto, smarrimento, sorpresa nel paziente che deve ricercare in se stesso la causa del proprio malessere.
La sicurezza nel formulare la diagnosi, l’accoglienza e la comprensione verso il paziente, in altre parole, l’approccio empatico dello specialista sono fondamentali nella risoluzione della patologia.
Nonostante, la maggior parte degli studi riferisca solo un parziale miglioramento dei sintomi e spesso consideri la patologia incurabile, l’esperienza del nostro Dipartimento non concorda con essi.
Attualmente seguiamo più di 400 pazienti affetti da BMS, un numero considerevole dal momento che fino a questo momento gli studi effettuati sono stati condotti su un numero di pazienti estremamente esiguo, e ciò consente di formulare alcune valutazioni sia da un punto di vista diagnostico che terapeutico.
La stessa definizione di sindrome della bocca urente dovrebbe essere modificata, dal momento che il bruciore spesso non è l’unico sintomo riferito dal paziente e talvolta non risulta essere nemmeno il sintomo prevalente; pertanto preferiamo indicare tale patologia come sindrome disestesica (DS).
Il termine disestesia, infatti, indica un’alterata sensibilità che si traduce a livello periferico in sensazioni anomale di grado variabile (definite dai pazienti da fastidiose a francamente dolorose) difficili da definire; pertanto identifica in modo adeguato i sintomi riferiti dai pazienti.
Analogamente, per sindrome si intende in medicina un insieme di sintomi e segni clinici che può essere dovuto ad una o più malattie.
Pertanto si ritiene che tale definizione, essendo più generica sia in grado di inquadrare meglio gli svariati sintomi riferiti dai nostri pazienti.
Inoltre, abbiamo evidenziato, in accordo con altri studi, che tale patologia si associa a disturbi della personalità, e più specificamente a disturbi dell’affettività, e circa l’80% dei nostri pazienti riferisce all’anamnesi una storia di depressione.
Pertanto la sindrome disestesica, richiede al fine di un trattamento più corretto ed una risoluzione più rapida la cooperazione di più specialisti: il medico orale nella diagnosi iniziale, come filtro con gli altri professionisti e come punto di riferimento del paziente; lo psicologo che, attraverso una terapia cognitivo-comportamentale, consente di evidenziare sia la causa del disagio esistenziale che indirizzare il paziente verso modelli comportamentali più idonei alle relazioni con gli altri e all’introspezione personale; lo psichiatra per una corretta terapia farmacologica.
Un’ulteriore valutazione, che richiede una certa esperienza da parte dell’operatore, è legata alla gravità dei sintomi riferiti e al disagio che il paziente manifesta all’atto della visita, a cui corrisponde una diversa terapia farmacologia.
I protocolli adottati sono i seguenti:
-clonazepam topico; 5 gocce 4 volte al giorno per collutorio associato ad un leggero dosaggio sistemico serale( 5 gocce)
-clonazepam sistemico; 5 gocce 3 volte al giorno; talvolta associato al farmaco somministrato per via topica
-paroxetina; 1 cpr da 20 mg al giorno
-paroxetina; 1cpr da 20 mg al giorno in associazione al clonazepam sistemico e/o topico.
-altri inibitori del reuptake della serotonina (citalopram, escitalopram, sertralina); il dosagggio varia a seconda della gravità dei sintomi del paziente
-inibitori del reuptake della serotonina e della noradrenalina (duloxetina): 1 cpr da 60 mg
-pregabalin (lyrica): dosaggio da 75 a 300mg. Tale farmaco può essere utilizzato da solo o in associazione ad un’ altro antidepressivo.
Sono comunque, necessari ulteriori studi, per confermare la validità di questi protocolli che ci orientano verso nuove prospettive ed importanti novità.
Infatti, gli svariati sintomi evidenziati dai pazienti, la gestione degli stessi richiede la cooperazione di più specialisti e l’utilizzo di farmaci che agiscono sulla sfera emotiva con risultati soddisfacenti, orientano per una patologia multiforme che può coinvolgere interamente il corpo umano e di cui il bruciore orale è solo un aspetto.
Sicuramente la sindrome disestesica è una patologia molto più complessa di quanto non si riteneva in passato; saranno necessari, tuttavia, numerosi studi per chiarirne esattamente l’ eziopatogenesi, le cause scatenanti e il protocollo terapeutico più adeguato.